E’ apparo su Post un articolo molto interessante di Alessandro Baricco sugli effetti della pandemia sulla nostra società. Penso valga davvero la pena leggerlo.
Ne cito un paragrafo assolutamente doloroso:
“Ciò che sta succedendo è che umani capaci di vivere non lo fanno più. Non viaggiano, restano a casa, lavorano senza incontrarsi, non si toccano, non si occupano dei loro corpi, conservano pochissime amicizie e al massimo un amore; da tempo riservano al solo ambiente famigliare, notoriamente tossico, gesti come abbracciarsi, lasciarsi guardare in faccia, dividere il pane; disponendo di artisti capaci di generare emozione e bellezza, non li incontrano più; possiedono bellissime opere d’arte ma non le vanno a vedere, e musica raffinatissima che non vanno ad ascoltare; non mandano più i figli a scuola, e d’altronde neanche a fare sport, feste e gite; non escono dopo il tramonto, quando è festa si chiudono in casa. Stanno dimenticando, a furia di non farli, gesti che ritenevano importanti, o quanto meno graziosi: applaudire, urlare, andare lontano, insegnare girando tra i banchi, limonare con qualcuno per la prima volta, andare dai nonni, suonare uno strumento per un pubblico, discutere con gente di cui puoi sentire l’odore, ballare, fare una valigia, andare a sposarsi accompagnati da tutti quelli che ti vogliono bene, giocare a bowling, scambiarsi il segno della pace a Messa, uscire da casa senza sapere ancora dove andare, camminare in montagna, respirare nel buio di un cinema, tenere la mano a qualcuno che muore”.
Eppure sento sempre più voci libere, anche se spesso sussurrate, per paura della rabbia degli odiatori di professione. Ci si chiede come fare per invertire la rotta. Rivogliamo la nostra normalità, non la nuova normalità.
Bella domanda, a cui ognuno cerca di rispondere a suo modo. Forse sarebbe da partire da un minimo comune denominatore. Ci proveremo a ragionare nelle prossime settimane.